Tornando al Gemellaggio con la diocesi di Proprià, sentiamo fortemente che l’esperienza di “amicizia” con il Brasile è qualcosa troppo bella per essercela meritata, e quanto si va realizzando non è solo frutto della buona volontà e della dedizione di tanti volontari, dei Responsabili in Brasile – primo fra tutti il carissimo
don Vincenzo – e dei Coordinatori locali che collaborano attivamente in ogni paese della nostra Diocesi: Qualcun'altro tiene le redini delle nostre vite e ci conduce per vie sconosciute ed inesplorate.
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Come coppia sentiamo l'esigenza di aprirci alla dimensione missionaria non solo perché ormai "legati" affettiva- mente alla Diocesi di Proprià, ma anche perché convinti che solo abituandoci a
destinare sistematicamente per attività di solidarietà somme che altrimenti sarebbero utilizzate per spese voluttuarie, consumistiche o comunque legate a bisogni artificiali, potremo contribuire concretamente, in prima persona, a spezzare quel cerchio perverso, legato all'economia mondiale, per il quale le ricchezze di cui solo pochi godiamo vanno a scapito della miseria di intere popolazioni.
Viste le dimensioni ormai mondiali e spesso "legalizzate" dei fenomeni di ingiustizia sociale che producono povertà, non basta più la sola presa di coscienza. Come famiglie cristiane non possiamo non
levare alta la voce per la causa della solidarietà, unica forza in grado di rompere il muro di indifferenza, di individualismo, di rassegnazione che sembra avvolgere le nostre comunità locali e l’umanità intera, di fronte al perdurare di situazioni che continuano a minacciarne la sopravvivenza.
Non attendiamo che le istituzioni ed i governi si mobilitino, mentre la gente continua a morire ed a soffrire, e i nostri figli contemporaneamente crescono nell’opulenza, perdendo magari i valori fondamentali. Non aspettiamo che i poveri bussino alla nostra porta, per fare la carità. Non lasciamo a
Orizzonti Nuovi, alla
Caritas ed ai gruppi di volontariato il compito di impegnarsi per la solidarietà

, oppure ai periodi di Quaresima ed Avvento l’occasione di fare "una cospicua offerta" per tacitare la nostra coscienza.
Facciamoci noi stessi, nelle nostre famiglie, un po' più poveri: negli ambienti quotidiani, nel nostro stile di vita, nelle nostre scelte di lavoro, nei nostri consumi e anche nella nostra ricchezza materiale, nel nostro ostentato benessere, spesso fine a se stesso e non originato dal desiderio di vero BENE, come sosteneva giustamente venerdì scorso il prof. Buonuomo!
Lo stesso Papa Benedetto XVI, domenica ci ha invitati alla
scelta tra la logica del profitto e quella della condivisione e della solidarietà, come criteri ultimi del nostro agire.
In fondo, ha sottolineato,
si tratta della decisione tra la giustizia e la disonestà e in definitiva tra Dio e Satana.
Il diritto allo sviluppo dei Paesi più poveri pone a tutti noi che viviamo in un Paese sviluppato un preciso dovere di soccorso, attraverso il coinvolgimento diretto e personale.
Già il Concilio Vaticano II, nella
Gaudium et Spes ci ricordava che
"A tutti spetta il diritto di avere una parte di beni sufficienti a sè e alle proprie famiglie...", per cui "gli uomini hanno l'obbligo di aiutare i poveri, e non soltanto con il loro superfluo" (Gaudium et Spes, 69).
... e l'esigenza di un diverso "stile di vita familiare"Cogliamo allora questa occasione per testimoniarvi che
è possibile concretamente uno sviluppo moderato e "sufficiente" della nostra società e del nostro stile di vita, non più smisurato ed incontrollato come forse finora abbiamo sempre creduto e sostenuto.
Ci colpisce ancora oggi, come quando preparammo il matrimonio, l'affermazione del filosofo Thoreau per cui
"un uomo è ricco in proporzione al numero delle cose che si può concedere di lasciar perdere". Infatti, se è vero che vi è una soglia di sviluppo tecnologico sotto la quale non v'é vita dignitosa, esiste anche la soglia superiore - che noi popoli ricchi abbiamo abbondantemente superato -, al di sopra della quale l'uguaglianza e la giustizia diventano strutturalmente impossibili.

Riteniamo pertanto indispensabile edu- carci ad uno stile di vita
più sobrio, semplice e meno consumistico, e in definitiva più cristiano, cercando di destinare a progetti di autentico sviluppo umano una parte delle nostre risorse. Le forme di contribuzione possono essere le più svariate: offerte una tantum, percen- tuale sullo stipendio familiare, soldi ri- sparmiati per rinunce a spese voluttua- rie, feste, ecc. Come svariati sono i tipi di intervento possibili: sostegno a distan- za di minori abbandonati o di seminaristi del Terzo Mondo; partecipazione ad associazioni di volontariato ed a progetti di sviluppo e di solidarietà locali, nazionali o internazionali; acquisto di prodotti di consumo attraverso le botteghe per il commercio equo e solidale.
Ma ciò che più conta è
riuscire a dare la giusta dimensione al proprio rapporto con le cose: un eccesso di beni ed oggetti non fa che intasare la nostra vita quotidiana, distrarre in mille modi la nostra concentrazione, renderci "schiavi" del sistema e toglierci l'energia vitale necessaria a seguire una strada chiara; al contrario,
coltivare deliberatamente il disinte- resse per il troppo consumo e il troppo possesso è un atteggiamento sostenibile, per amore di noi stessi e soprattutto del mondo!
La nostra esperienza familiare e associativa continua a rafforzarci nella con- vinzione che vale la pena "vivere la vita" solo se questa sa donarsi agli altri.
E ciò a cui si rinuncia viene ricompensato grandemente.
Provare per credere!

Ci piace concludere con il ringraziamento finale lasciatoci da
don Vincenzo nel bel
libro che sta per essere pubblicato e che speriamo possiate presto avere tutti in casa:
“Meraviglie il Signore ha voluto realizzare,
nonostante la pochezza della mia persona,
e come desidero ardentemente
che altri le sperimentino,
per il bene stesso di tutti!”Pier Paolo Lamola
Maria Nicoletta Di Taranto